NON VOLEVO FAR PARTE DEL SUO BUIO
(a Wendi, bambina di sei anni morta a Ravenna a seguito di una caduta dal nono piano di un palazzo causata dalla madre suicida)
I mattini ancora acerbi d’inverno
sono fotografie di cieli in bianco e nero
rovesciati sul sonno, luccichii sommessi
di ruscelli di stagnola dentro orizzonti di carta pesta,
due lampioni a succhiare la dolcezza del buio,
rammendi d’aria sui volti dei ponteggi
ed io che mi preparavo per andare a scuola
stretta nel mio grembiule per mano allo zaino,
il cuore di pastello e grafite aperto come un astuccio
in quella casa che sapeva di presepe
e calze zuccherate di Befana.
Dicevano che la mamma, a volte,
viveva di istanti che correvano
come sulle montagne russe
che i suoi pensieri erano giostre
dalle quali scendeva raramente
e solo per venirmi incontro
con il suo abbraccio fragile di piume e mare.
Anche quel giorno quando mi prese per mano
fino al nono piano del palazzo e ferma
sul ciglio del vuoto sembrava l’ombra di un angelo
di carta carbone a ricopiare il dettato di tutti i silenzi.
E poi ricordo una discesa rapida, interminabile
come una corsa a perdifiato di vento
quando liscia il crinale delle dune
con ali troppo piccole per guadagnarsi un volo
o qualche metro di paradiso
e il cuore a scoppiarmi nel petto come
dopo un volo rasente su di un mosaico d’erba e rugiada.
Così gennaio si stracciava sui teli delle impalcature
come la carta di un regalo aperta da una fretta di mani.
È rimasta sul selciato la scintilla di un giorno mai acceso,
la mia testolina di passero sottratto al suo azzurro
e quella domanda senza alcuna risposta: “Perché lo hai fatto, mamma?”.
Io non volevo far parte del suo buio.
Nessun commento:
Posta un commento