sabato 24 giugno 2023

Francesco Masini - Genova - Secondo sezione satira

F I L A S T R O C C A     DEI   NOMI   RISTRETTI      

               

No, non c'è niente di male

nel ridurre un nome a “Vale”,

direi, anzi, che è normale,

se vuoi dir che Vale vale

(se la chiami, un salutino

le rivolgi: sì, in latino!),

ma se invece vuoi tagliare

perché prima vuoi arrivare,

e, anche a costo d’ansimare,

qualche istante risparmiare,

ti dirò, con aria seria,

che il guadagno è una miseria,

se quel “Vale” val “Valeria”;

magro, magro è il risultato:

una sillaba hai levato.

Un po' meglio sarà stato

il vantaggio realizzato,

se contasse (e dirò come)

quattro sillabe quel nome.

Nomi di quella misura,

temperata, amabil, pura,

ne conosco una decina:

un esempio è “Valentina”.

Or ti chiedo: «Perché mai

tanti nomi interessanti,

belli, amabili, squillanti,

tagliuzzare tu vorrai?»

Facci caso: intorno a te

quasi sempre qualcun c'è

che s'affanna a cercar come

far leggero qualche nome.

Che sia solo volontà

d’acquistar velocità,

o, piuttosto, l'ossessione

dell'informatizzazione?

(se riduci “Italo” a “It”

è perfetto, per un tweet).

Ma (lo dico proprio a te)

sta' a sentir (parlo per me!).

Voglio dir solo una cosa:

io, che di tempo ne ho a iosa,

anziché precipitare,

affrettarmi, anticipare,

vorrei invece rallentare,

soffermarmi, un po' indugiare

(certo, senza esagerare),

per poter meglio gustare.

So che contro i più mi metto

quando affermo che il ristretto

proprio no, non fa per me

(ho l'esempio del caffè:

suscitai molto stupore

quando, in Francia, con calore

chiesi, al Bar des étrangers:

«Un café! Bien alongé!»).

Per “Valeria” e “Valentina”

(l'iniziale le avvicina)

se tu vuoi la brevità,

mica puoi chiamarle “Va’”!

E a “Carmela” non va “Mela”

(meglio “Dani” per “Daniela”);

se per “Giacomo” è già “Gia'”

“Como” no: è una città!

Per “Alessia”, in generale,

salta fuori, svelto, un “Ale”:

corto, sì, ma niente mal,

se s'è scongiurato un “Al”!

Non possiamo andarne fieri:

scontentiamo l'Alighieri

se la smania abbreviatrice

muta “Beatrice” in “Bice”

(e io dico, ma in sordina,

sarebbe, “Ice”, una rovina!).

Se “Rossella” per me è “Ro”

di problemi (sì, lo so)

devo averne proprio tanti,

con le doppie consonanti!

Raro che qualcun le dica:

«Io però ti chiamo Rica»;

altro è il modo in cui lei vede

dimezzato il nome: “Fede”;

per cui, se tu non sai come

arrivare ad un bel nome,

e “Penelope” ti piace,

dritta dritta nella brace

spedirai la poverina

giù dalla sua padellina,

perché certo non dirà

“Lope”, chi la chiamerà!

Ed è indubbio: chi per primo

l'ha ribattezzata “Simo”

non sentiva come suona

bene il nome, se è “Simona”.

No, nessuno mai mi dica

che la chiama “Vero” o “Nica”,

a nessun venga il pensiero

di chiamarla “Nica” o “Vero”.                                            

Certo che son tempi duri:

“Salvatore” ormai è “Turi”;

e son pure tempi grami:

chiaman la Camilla “Cami”;

ma, se tu torni a “Camilla”,

ah, quel nome, come brilla!

Anche Omero è un po' incazzato:

Elena” “Ele” è diventato,

e ho un sospetto: Giove Pluvio

ci invia piogge da diluvio

borbottando: «E' certo: so

che laggiù mi chiaman Gio'!».

E cosa potrei, infine,

dire di Susanna e Giulia,

quelle vispe gemelline

che chiamavan “Su” e “Giù”?

È un'epidemia globale,

un flagello universale,

un malvezzo incancrenito;

credo ormai d’aver capito

perché a scuola la Oliveri

scrisse “Alfy” anziché “Alfieri.

Questo è troppo, ed io m'arresto

dico «No, no, no!» e protesto,

ingiungendo, scuro in volto:

«Restituito sia il maltolto!».

No, non Fran, né Franci o Fra'

ripetuti a sazietà.

Perché Tere? Perché Sina?

A me piace Teresina.

Non sian Simo, Gra'  o Gio'

Ila, Manu, Bene o Ro' .

Non sian Ale, Vale o Tina:

siano Alessia e Valentina!

 

 

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