F I L A S T R O C C A DEI NOMI RISTRETTI
No,
non c'è niente di male
nel
ridurre un nome a “Vale”,
direi, anzi, che è normale,
se
vuoi dir che Vale vale
(se
la chiami, un salutino
le
rivolgi: sì, in latino!),
ma
se invece vuoi tagliare
perché
prima vuoi arrivare,
e,
anche a costo d’ansimare,
qualche
istante risparmiare,
ti
dirò, con aria seria,
che
il guadagno è una miseria,
se
quel “Vale” val “Valeria”;
magro,
magro è il risultato:
una
sillaba hai levato.
Un
po' meglio sarà stato
il
vantaggio realizzato,
se
contasse (e dirò come)
quattro
sillabe quel nome.
Nomi
di quella misura,
temperata,
amabil, pura,
ne
conosco una decina:
un
esempio è “Valentina”.
Or
ti chiedo: «Perché mai
tanti nomi
interessanti,
belli, amabili,
squillanti,
tagliuzzare tu
vorrai?»
Facci
caso: intorno a te
quasi
sempre qualcun c'è
che
s'affanna a cercar come
far
leggero qualche nome.
Che
sia solo volontà
d’acquistar
velocità,
o,
piuttosto, l'ossessione
dell'informatizzazione?
(se
riduci “Italo” a “It”
è
perfetto, per un tweet).
Ma
(lo dico proprio a te)
sta'
a sentir (parlo per me!).
Voglio
dir solo una cosa:
io,
che di tempo ne ho a iosa,
anziché
precipitare,
affrettarmi,
anticipare,
vorrei
invece rallentare,
soffermarmi,
un po' indugiare
(certo,
senza esagerare),
per poter meglio gustare.
So
che contro i più mi metto
quando
affermo che il ristretto
proprio
no, non fa per me
(ho
l'esempio del caffè:
suscitai
molto stupore
quando,
in Francia, con calore
chiesi,
al Bar des étrangers:
«Un café! Bien
alongé!»).
Per
“Valeria” e “Valentina”
(l'iniziale
le avvicina)
se
tu vuoi la brevità,
mica
puoi chiamarle “Va’”!
E
a “Carmela” non va “Mela”
(meglio
“Dani” per “Daniela”);
se
per “Giacomo” è già “Gia'”
“Como” no: è una
città!
Per
“Alessia”, in generale,
salta
fuori, svelto, un “Ale”:
corto,
sì, ma niente mal,
se
s'è scongiurato un “Al”!
Non
possiamo andarne fieri:
scontentiamo
l'Alighieri
se
la smania abbreviatrice
muta
“Beatrice” in “Bice”
(e
io dico, ma in sordina,
sarebbe,
“Ice”, una rovina!).
Se
“Rossella” per me è “Ro”
di
problemi (sì, lo so)
devo
averne proprio tanti,
con
le doppie consonanti!
Raro
che qualcun le dica:
«Io però ti chiamo Rica»;
altro
è il modo in cui lei vede
dimezzato
il nome: “Fede”;
per
cui, se tu non sai come
arrivare
ad un bel nome,
e
“Penelope” ti piace,
dritta
dritta nella brace
spedirai
la poverina
giù
dalla sua padellina,
perché
certo non dirà
“Lope”, chi la
chiamerà!
Ed
è indubbio: chi per primo
l'ha
ribattezzata “Simo”
non
sentiva come suona
bene
il nome, se è “Simona”.
No, nessuno mai mi dica
che
la chiama “Vero” o “Nica”,
a
nessun venga il pensiero
di
chiamarla “Nica” o “Vero”.
Certo
che son tempi duri:
“Salvatore” ormai è “Turi”;
e
son pure tempi grami:
chiaman
la Camilla “Cami”;
ma,
se tu torni a “Camilla”,
ah,
quel nome, come brilla!
Anche
Omero è un po' incazzato:
“Elena” “Ele” è diventato,
e
ho un sospetto: Giove Pluvio
ci
invia piogge da diluvio
borbottando:
«E' certo: so
che laggiù mi
chiaman Gio'!».
E
cosa potrei, infine,
dire
di Susanna e Giulia,
quelle
vispe gemelline
che
chiamavan “Su” e “Giù”?
È
un'epidemia globale,
un
flagello universale,
un
malvezzo incancrenito;
credo
ormai d’aver capito
perché
a scuola la Oliveri
scrisse
“Alfy” anziché “Alfieri”.
Questo
è troppo, ed io m'arresto
dico
«No, no, no!» e protesto,
ingiungendo,
scuro in volto:
«Restituito sia
il maltolto!».
No,
non Fran, né Franci o Fra'
ripetuti
a sazietà.
Perché
Tere? Perché Sina?
A
me piace Teresina.
Non
sian Simo, Gra' o Gio'
Ila, Manu, Bene o Ro' .
Non
sian Ale, Vale o Tina:
siano
Alessia
e Valentina!
Nessun commento:
Posta un commento