domenica 29 giugno 2025

DEGLI ESANIMI ESAMI - Francesco Masini - Genova

DEGLI   ESANIMI   ESAMI  

                                              (Scherzo   serio   in   ATTO)   

 

Chi già insegnava

sì, con passione,

or disinsegna

per compassione.

 

All’ombra del “Gobetti”, nei saloni

d’arte impregnati, è forse il corso

degli esami men duro? Quando il sole

più non abbronza i commissari, entrando

per strette finestrelle, e surriscalda

l’ambiente, già infuocato da tensioni

pregresse, cui s’aggiungono anche quelle

nuovissime portate dagli “esterni”,

forse che arriverà consolazione

dai cinquecento e rotti euro che, al netto

di ritenuta, saranno trecento,

non contando le spese di trasporto

e forse ammende per sosta vietata?

Vero è ben, cari amici, anche con Prodi

la musica non cambia, e ancora il rito

si ripete immutato, ed ogni cosa

trascina col suo spirito immortale:

presidi e presidenti, professori,

studenti, genitori ed ispettori,

giostrar vedremo senza interruzione,

alimentando un gioco senza fine.

Vero è che questi giorni accalorati

prodighi di prodigi sono ancora.

Forse perché nella torrida estate

son collocati, questi nostri esami

fanno arrivare alla maturazione

in pochissimi giorni, o in un baleno,

acerbissimi frutti, invan curati

per nove mesi, senza frutto alcuno.

Certo è un miracol grande: gli studenti

guardano i quadri esterrefatti, e chiedono

d’essere pizzicati dai compagni,

non fosse sogno quello che hanno visto,

(fissato sulla carta in bella copia)

inaudito, incredibile, imprevisto!


È così, candidati: la Speranza,

unica Dea, regna agli esami, e spesso

maturo risultò, se pia la proffe

che già l’accolse acerbo, e l’educava,

al malridotto alunno fido asilo

porgendo, salva la sua media rese

dall’insultar dei commissari membri

esterni e interni, ed un magro “sessanta

lo consolò delle sue tristi prove.

Pur nuova legge toglie oggi gli alunni

ai docenti pietosi, ed agli esterni

spietati commissari li consegna:

nei volti pallidissimi ed esangui

dei pargoli in affanno, nel lamento

di sollecite madri, sconsolate,

nel partecipe, inquieto smarrimento

persin del personale non docente,

traspare la paura del domani.

C’è anche chi spera che arrivino i nostri,

o meglio i loro ad aggiustar le cose,

a riparare, o limitare, i danni,

a dare almeno un senso alle noiose

pratiche burocratiche che gli anni

han reso mano a mano più copiose,

a fare in modo che a lavare i panni

non sian famiglie misericordiose,

ma detersivi omologati, DOC.

Forse convien lasciare ogni speranza,

occorre riconoscer che l’esame,

sia di maturità o di Stato, con le prove

(la prima, la seconda, e anche la terza),

i colloqui, le griglie ed i verbali,

tutti quei cellulari accatastati,

montagne di tesine colorate,

risulta un clamoroso “deja vu”.

Ed anche se si affaccia uno spiraglio

di serietà maggiore con l’idea

d’addossare ai fanciulli nei e pecche

e chieder loro il conto nel momento

del giudizio finale, siamo certi

che non finirà tutto in un immenso

debito pubblico, e dovrà la scuola

dichiarare completa bancarotta?


Forse dovremmo esaminar l’esame,

renderlo una verifica oggettiva,

spassionata, imparziale, non spietata,

ma neppur lacrimevole, pietosa,

o sdolcinata. Sì, funesta è questa

corrispondenza d’amorosi sensi,

per cui si piange col collega in panne

(memori d’esser stati nelle canne)

e il collega con noi, col risultato

d’un bel condono generalizzato.

Ahi, gente che dovresti con rigore

render più veritiera la pagella,

considera che il giovane ha bisogno

di linearità, coerenza, di chiarezza,

anziché di vischiosa tenerezza!

Restiamo dunque mesti ad aspettare,

senza illusioni, ma non disperando,

che qualcosa maturi, non a luglio,

ma nel lavoro quotidiano, e un giorno,

tanto bramato ed invocato, il sale

faccia ritorno nelle zucche umane.

 

    

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