sabato 25 luglio 2020

Prose 2020 - Emanuele Rizzi segnalato


Birra e bugie – Sezione C

E’ una tappa fissa, ormai. Prendo la bici, come ogni sera. Il suono delicato del vento, che sembra tagliarsi contro i raggi delle ruote, mi rilassa. Dopo l’intensa giornata di lavoro, in torneria, mi serve qualcosa di fresco. Vado giù al molo, alla locanda del vecchio Bob. Si vocifera che nessuno riesca a dire la verità, là dentro.
Il profumo della birra appena spillata mi riempie le narici e impregna il mio maglione di lana.
Mi siedo al solito tavolo, quello nell’angolo del locale; da lì posso ascoltare tutte le chiacchiere dei clienti, senza dare troppo nell’occhio. Siamo sempre gli stessi; c’è Rick, il pazzo del paese, che come al solito racconta del suo strano incontro con un gigante, nella foresta attraverso cui passa la tangenziale. Albert, il robusto tabaccaio, parlotta vivacemente con suo fratello, che fa il giornalista. Mi ricordano Davide e Golia; sono sempre a discutere su quale sia il lavoro più faticoso tra i due. Quando entra Jacob, dalla porticina di legno, un persistente odore di pesce pervade l’intero stabile; lui passa intere giornate sul suo peschereccio, per poi venire a bere qualcosa e a parlare della quantità incredibile di acciughe e sgombri che porta al molo. I soliti cugini Wilford, identici come gocce d’acqua, giocano a carte. Pare si dilettino nel gioco del poker; anche se prendono le partite molto seriamente, scommettono soltanto le noccioline dell’aperitivo.
Ordino la solita birra. Bob, il proprietario della splendida locanda, mi porge il boccale di legno. Riesco quasi a specchiarmici, in quell’intruglio scuro e denso. La schiuma è delicata, sembra fatta di nuvole. Il capo della baracca mi fissa, con il solito straccio pulito appoggiato sulle spalle. “Non dici mai niente, tu?” Gli sorrido di rimando e butto giù un sorso. E’ davvero buona.
Oggi ci sono due tipi nuovi, sembrano borghesi. Indossano abiti eleganti e cappelli a cilindro. “Siete maghi?” Rick è molesto, quando è ubriaco. Chiedono due negroni, pare non siano intenditori di alcolici. La locandiera li studia minuziosamente da dietro al bancone; i suoi capelli sono lisci, cadono dolcemente sulle sue spalle. E’ proprio una bella donna.
Finisco la birra e ne chiedo un’altra. Mi piace questo posto, è allegro. Le pareti di legno sembrano lucidate da poco; riflettono perfettamente la luce delle candele nuove. C’è un bel trambusto, tra i commensali. I due stranieri escono. “Grazie di essere venuti, spero di rivedervi!” Mary sorride, dall’altra parte del lungo tavolo di servizio, mentre il malto mi riempie la bocca; sembra nettare. Nonostante sia sera e io abbia appena finito di lavorare, il sole permea dalle finestre scintillanti. Arrivo al fondo del boccale.  
Non si sa bene il perché, ma nella locanda del vecchio Bob, giù al molo, nessuno dice mai la verità. Si beve birra e si dicono bugie. Mi alzo, arrivo alla porta. Il vecchietto, nonché titolare della fiorente attività, fischia per chiamarmi. Non ho pagato. “Passo domani a saldare il conto, Bob. Comunque, sappi che la tua birra è davvero squisita”. Mai bevuto nulla di più buono.

Emanuele Rizzi – Frabosa Sottana (Cuneo)

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