giovedì 17 agosto 2017

Prosa vincitrice Stefano Borghi

Camilla

Camilla parla da sola e quando lo fa sussurra appena, portando la bocca vicino all'orecchio del suo
orsacchiotto sgualcito, che al posto degli occhi ha due bottoni blu e un nastrino rosso al collo a cui è
appeso un cuoricino color oro.
Camilla ha quasi sempre la testa china, quasi volesse guardarsi i piedi per non inciampare quando
cammina.
Evita di guardare le persone negli occhi e sembra non sentire quello che dicono. Alza la testa
quando la gente è lontana, e solo quando corre e l'aria le accarezza la faccia, ride e sembra felice.
Come farfalla su di un prato, si disseta di sole e di nuvole, inventando fiori su cui posarsi per
riposare un poco.
Camilla quando disegna si sporca le mani e i colori che usa sono sempre accesi, e non vuole mai
lavarseli via.
Il suo mondo ha mille porte e nessuna finestra, la sua stanza ha solo angoli in cui rifugiarsi, anche
se nessun posto, nessun luogo, sembra sicuro.
Camilla è una bambina e fa brutti sogni.
Forse è per questo che dorme raggomitolata su se stessa, vicino al suo orsacchiotto, in un letto con
una coperta piena di stelle e una luna che sorride.
Gli occhi chiusi, stretti, per non far passare nemmeno un filo di luce, il respiro affannato e un
martello che batte nel petto.
Nessuno riesce a calmarla, nemmeno la mamma.
Solo il sonno riesce a far breccia nella sua fortezza, e quando capisce che sta arrivando, si lascia
andare nelle sue braccia, sperando la trascini lontano da li, verso un nuovo giorno, una nuova luce.
Camilla ha paura della sera, e a volte fa fatica a dormire.
Perchè c'e' sempre la solitudine prima della notte.
Osserva le ombre della sua stanza, le vede apparire dagli angoli, dietro ai mobili, le sente arrivare da
dietro la porta.
Ma i suoi mostri non sono nascosti nell'armadio o sotto il letto, non hanno occhi grandi e rossi,
come quelli di tutti gli altri bambini.
Camilla tende l'orecchio per ascoltare i passi, perchè il suo mostro non vola, ne sputa fuoco, il suo
mostro cammina.
Si avvicina a lei senza fretta, con un ghigno dipinto sul volto, che solo ad un occhiata distratta può
sembrare un sorriso. Mentre si avvicina non le toglie gli occhi di dosso, poi apre le mani mostrando
le sue caramelle.
Ma ha imparato che hanno un sapore cattivo e non le vuole più mangiare.
Lei lo sa, quell'uomo si siederà al suo fianco e comincerà ad accarezzarla, anche se non vuole.
Comincerà a spogliarla come fosse una bambola e a toccarla come fosse una donna.
Sa che non servirà a niente piangere e urlare, non arriverà nessuno a portarla via da li, se non
quando sarà tutto finito.
L'unica cosa che può fare e chiudere gli occhi forte, in modo da non vedere nulla e con le mani
tapparsi le orecchie per non sentire quella voce, che diventa un rantolo sempre più sottile e lontano.
Camilla ha le dita di un ragno ma non sa tessere alcuna tela e il volto scavato da troppi giorni
malati, vorrebbe dire tante cose, ma non conosce le parole per spiegare il suo dolore.
Dipinge tutti i giorni la sua paura e la ricopre di colori, per seppellirla e non vederla più.
Aspetta che qualcuno le prenda la mano e le dica andiamo via, e non la porti più in un lettino,
dentro una stanza buia, con una luce fioca sul comodino che non fa altro che rendere giganti le
ombre.
Spera che da qualche parte ci sia un posto pieno di luce, tante finestre da dove entri il sole e
spalancandole possa arrivarle il profumo dei fiori e magari qualche farfalla.
Il profumo della vita.
Camilla ha solo quattro anni.
Li ha anche adesso, che il tempo è passato e ha coperto con una misericordia di giorni le sue ferite.
Quando si guarda allo specchio, e fa le faccia buffe, mettendosi un rossetto dai colori vivaci e anche
se le parole escono facili, certe cose non è riuscita a raccontarle a nessuno.
Ora quando guarda la gente in faccia, sarà il trucco, ma non si vede la sua paura.
Cammina a testa alta, con le sue scarpe di vernice rossa, facendo risuonare forte sull'asfalto il
rumore dei suoi tacchi.Il suo passo è veloce, quasi sicuro e non si volta mai indietro.
Ora sostiene lo sguardo degli uomini, diluisce i sorrisi e distribuisce sguardi in parti uguali,
sorseggiando bevande colorate in angoli di bar, pieni di gente, luce soffusa, risate, discorsi di
cortesia e cibo spazzatura.
Camilla gioca con il suo cellulare mentre aspetta il treno, cercando un messaggio che non c'e',
scorrendo immagini di posti lontani e città da cartolina con le loro vie piene di luci.
C'è chi dice che sogna, o almeno lo fa credere.
Nessuno però le ha ancora preso la mano, dicendole “Andiamo via” con voce gentile e occhi con
riflessi di mare.
E così quando la sera si trasforma in notte e le stelle sono una coperta su cui dormire, la porta si
chiude e improvvisa arriva l'angosciosa solitudine.
Nemmeno la luna con la sua ninna nanna riesce a tenerle compagnia.
In quei momenti, alcune volte, alla porta sente bussare la paura.
La voce ritorna, il respiro diventa corto, è c'e' bisogno di acqua per deglutire a fatica la pastiglia
colorata.
Sembra una caramella dal cattivo sapore.
Poi, seduta sul letto, con le gambe incrociate, controlla il respiro.
La voce si allontana, le ombre vanno via.
La bambina si rifugia nella donna, per un abbraccio caldo e sicuro.
Il cuore rallenta.
Sussurra.
A guardarla in un angolo un orsacchiotto sgualcito, con un nastrino rosso a cui è appeso un
cuoricino color oro.
Al posto degli occhi, due bottoni blu.

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