Sezione A : Tema libero.
IL LABIRINTO COME METAFORA DELLA VITA
“Un labirinto è un edificio costruito per confondere gli uomini ; la sua architettura, ricca di simmetrie, è subordinata a tale fine. Nel palazzo che imperfettamente esplorai, l’architettura mancava di ogni fine.”
Questa definizione di Jorge Luis Borges rende molto bene l’idea di labirinto. Per quanto possa essere un’opera architettonica grandiosa, il labirinto è creato senza alcuno scopo. Le sue scale non portano a niente; le sue stanze non hanno una porta d’uscita; i suoi corridoi sono infiniti. L’unico scopo è quello di confondere l’uomo che disgraziatamente vi capita dentro. Nella letteratura vi sono moltissimi esempi di labirinti, a partire da quello più noto e leggendario di Dedalo, costruito per rinchiudervi lo spaventoso Minotauro, fino ad arrivare a quello più recente di Umberto Eco ne “Il nome della rosa”, costituito dalla biblioteca del convento in cui si svolge tutta la vicenda.
Il fatto che il labirinto sia descritto, la maggior parte delle volte, come un edificio o comunque un luogo fisicamente molto complesso, non significa che non possano esistere altri labirinti, forse ancora più pericolosi, che non hanno muri o pareti, che apparentemente sembrano luoghi liberi ma che in realtà, per una forza misteriosa, sono comunque in grado di renderci prigionieri. Sono questi i labirinti della mente, che compongono la complessità della psiche umana. Prendendo una strada sbagliata, l’uomo può veramente arrivare a perdere se stesso, a non rendersi conto di essere in un labirinto, a disperarsi e a provare con vani tentativi a dare un senso a quello che sta vivendo. E così il labirinto può diventare anche una metafora della vita. Quante persone si sono perse nel labirinto della loro vita perché non sono riuscite a darle uno scopo? Le difficoltà molte volte rendono l’esistenza proprio come un labirinto dal quale è difficile uscire: a noi non è concesso, come a Dedalo e ad Icaro, un paio di ali di cera per volare oltre i problemi e le cattive situazioni. Se davvero avessimo questa grazia allora sarebbe tutto più semplice, perché dall’alto la via che conduce fuori dal labirinto è più chiara e luminosa. Ma non bisogna dimenticare che Dedalo ha dovuto costruirsi da solo le sue ali. Allo stesso modo anche noi dobbiamo trovare la nostra personale via d’uscita, la nostra soluzione. “Fuori da Pentesilea esiste un fuori ? O per quanto ti allontani dalla città non fai che passare da un limbo all’altro e non arrivi ad uscirne?” (Italo Calvino, “Le città invisibili”). Certo che esiste un fuori, ed è rappresentato da quello scopo che noi diamo alla nostra vita. Se, riprendendo la frase di Borges, “Il labirinto è un’architettura senza scopo”, allora l’unico modo per uscirne, per non perdersi e trovare un fine per cui valga la pena sopportare il labirinto stesso, è perseverare nella ricerca e nell’adempimento di tale fine.
Come i marinai nel guardare le stelle trovano la giusta rotta per tornare a casa, allo stesso modo il nostro scopo ci guiderà e ci indicherà il percorso esatto per uscire da quel labirinto che è dentro di noi ed essere finalmente liberi.
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